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Calcio dell'altro mondo: in Germania il "rigore" costa 50mila euro (al tifoso). La Fluminense vince il campionato e rischia l'incidente aereo

venerdì 16 novembre 2012 0 commenti

Tifosi in campo tra Fortuna ed Hertha
di Giovanni Sgobba
DUSSELDORF- L'idea di immortalare un momento storico della squadra per la quale si fa il tifo, è un rito atavico che trova svariate sfaccettature. La più usuale, quando si vince un campionato o si conquista la promozione, è quella di portare a casa uno spicchio verde del terreno di gioco. Un cimelio, il personalissimo trofeo per il tifoso, solo che Andre P., tifoso del Fortuna Dusseldorf, è andato oltre, sradicando l'intera zolla del dischetto di rigore.
I FATTI. Lo scorso 15 maggio, il tifoso era entrato in campo, con altre centinaia, all'ultimo minuto dello spareggio-promozione con l’Hertha Berlino: molti erano convinti di aver sentito il fischio finale, da cui l’invasione per festeggiare il ritorno in Bundesliga dopo 15 anni. Ovviamente l’arbitro non aveva potuto far altro che sospendere momentaneamente la gara, con le squadre che si erano nascoste nello spogliatoio per 25 minuti. Calmata l'euforia, i due club erano rientrati sul terreno di gioco per concludere il match, ma oramai la frittata era stata fatta.
Paul Jager, tesoriere del Fortuna
L'Hertha, infatti, aveva fatto reclamo per poter ripetere la partita, ma dopo un processo, il giudice sportivo aveva confermato la promozione del Fortuna, punendo il club con una gara a porte chiuse (diventate due con metà spettatori) e 100 mila euro di multa. Da qui la pretesa che Andre P. paghi la metà della multa stessa: "Fra danni materiali e d’immagine, ci abbiamo rimesso un milione", ha detto la settimana scorsa il tesoriere Paul Jäger. "Non per questo, bensì per dare un esempio educativo, la società ha fatto causa al tifoso Andre P. chiedendo un risarcimento di 50 mila euro per il furto del dischetto del rigore".

Come è evidente non si tratta semplicemente di un danno pecuniario: al Fortuna non è piaciuto l’atteggiamento di Andre P. che ha trasformato quell'atto in un sistema per fare soldi. È diventato ricercatissimo dai media, rilasciando interviste a pagamento e diventando una parodia per uno spot di una carta di credito. Una mancanza di rispetto secondo la società, non per il tifoso che ha detto ai giornalisti: "Tutti sognano di avere un simile souvenir in casa. Sradicherò con le mie mani un altro pezzo di prato quando vinceremo la coppa o il campionato: dovrò stare attento soltanto che la partita sia finita veramente"

RIO DE JANEIRO- Miglior attacco con 59 marcature e miglior difesa con 29 reti incassate, +10 rispetto alla seconda in classifica, il Gremio, e con Fred, ex Lione, capocannoniere con 19 goal. Questi i numeri di una cavalcata trionfante: domenica, il Fluminense si è portato a casa con tre giornate d'anticipo il quarto titolo nazionale della sua storia, dopo aver centrato a maggio il 31esimo campionato carioca. 
Una stagione dominata con tanti protagonisti: dal già citato Fred, al portiere Cavalieri (passato in Italia nel 2010 a Cesena), passando per Deco (che però nelle ultime partite ha giocato poco, causa infortunio) fino ad arrivare a Thiago Neves. 
l'attaccante Fred portato in trionfo
Decisiva è stata la vittoria in trasferta per 2-3 contro il Palmeiras, con la rete decisiva, siglata da Fred, arrivata ad una manciata di minuti dal termine. I tifosi hanno atteso fino a tarda notte l'arrivo della squadra per festeggiare insieme ai giocatori la vittoria, ma ci sono stati attimi di paura sull'aereo che riportava la squadra a Rio:  l’aereo ha avuto un problema al carrello e il comandante ha chiesto che tutti i passeggeri si mettessero nella posizione di sicurezza per l’impatto. Dopo tre tentativi di atterraggio andati a vuoto, l'aereo è riuscito a toccare terra, mentre in pista erano stati inviati veicoli d'emergenza ed ambulanze. Nessuna conseguenza, comunque, per i giocatori che sono stati accolti da un vero e proprio bagno di folla.
Più che essere al settimo cielo dalla gioia, converrebbe rimanere con i piedi per terra...




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Gigi Meroni, quarantacinque anni fa, lo sciagurato addio di un ragazzo fuori dall’ordinario

lunedì 15 ottobre 2012 0 commenti

di Giovanni Sgobba
TORINO- “...li faccio sognare, in balia del mio spirito innocente, li stupisco sempre sono un giocoliere, li faccio godere geniale, anarchico e irriverente, tutti battono le mani, si alzano improvvisamente, per non perdere di vista la palla avvelenata che sembra impazzire innamorata, quando sulla fascia vola la Farfalla Indiavolata...”
“Chi si ricorda di Gigi Meroni?”
Questo è il titolo della canzone dalla quale sono tratte le parole. Come rispondere a tale domanda?
Genio, giocoliere, funambolico, irriverente, anarchico...tanti aggettivi che dipingono Luigi “Gigi” Meroni, tra i più geniali calciatori italiani degli anni Sessanta, sciaguratamente scomparso, a Torino, quarantacinque anni fa, all'età di 24 anni.
In carriera ha indossato le maglie del Como (25 presenze e 3 goal), del Genoa (40 presenze con 6 reti) e del Torino di Nereo Rocco, indossando la maglia granata 103 volte e segnando 22 goal.
Un ragazzo straordinario nell'accezione che troviamo sui dizionari: “fuori dall'ordinario”, fuori dagli schemi tradizionali, come questo articolo che prova a descriverlo attraverso un elenco di quelle parole, segreti ed aneddoti che lo hanno contraddistinto.

Artista: molto spesso snaturata dall'utilizzo (alle volte improprio) del mondo pallonaro, questa parola sottolinea la bellezza e l'eleganza espressa da un calciatore. Lui, Gigi, era certamente bello ed elegante sul terreno verde di gioco, ma aveva passioni un po' naif o forse strambe tali da renderlo artista anche fuori dal campo di calcio.
Nella fredda città piemontese, infatti, trovava calore e conforto dipingendo: gli piaceva l'arte e la pittura, passatempi che si portava dietro sin da quando era ragazzino e che il successo non affievolì. Da giovane lavorò anche come disegnatore di cravatte di seta, un mestiere che gli piacque e che perfezionò fino ad arrivare a disegnare i propri abiti. Creava il modello, sceglieva lui la stoffa ed affidava tutto al sarto.

Anticonformista: era un ventenne e come ogni ragazzino che si affaccia all'età adulta era infiammato da una ribellione adolescenziale. Ma era una ribellione positiva: rispettoso delle regole, mai fuori dalle righe, non pensava minimamente a cambiare il mondo, ma di fatto, il suo modo di vivere stravagante o semplicemente da ventenne un po' guascone, destabilizzò l'Italia bigotta. Era un mezzo scapigliato (giusto per rimanere in tema d'arte). Calzini abbassati e maglia da fuori; prima i baffetti, poi capelli portati più lunghi e poi la barba .“Se vai dal parrucchiere, potrai andare in Nazionale”, roba da ridere a pensarlo oggi, eppure il concetto era questo. Accettò, dinanzi alla possibilità di perdere il treno azzurro, poi divenuto famoso ed idolo di molti ragazzi che lo emulavano, l'allenatore dell'Italia dovette chiudere più di un occhio. Erano gli anni dei Beatles, ed un po' ci somigliava: facile e scontato il soprannome. In Inghilterra c'era George Best definito il “quinto Beatle”, da noi Meroni era semplicemente il “Beatle italiano”. Viva la fantasia...

Balilla: l'elegante vecchia Fiat Balilla. La “sua” macchina che lo distingueva dalla massa. Anche lui si concesse il privilegio di guidare un'autovettura di simili livello, però gli altri andavano in giro con le nuove Fiat, lui si riconosceva con la nera, elegantemente nera, Balilla

Cristiana: lui l'artista, lei la sua musa ispiratrice. “La bella tra le belle al Luna Park” (sempre nella canzone), nipote del giostraio del parco giochi di Genova, dove Gigi la vide e decise di non farla uscire più dalla sua vita. Era innamorato, tantissimo, al punto tale da fare avanti e dietro tra Genova e Milano (dove viveva lei) e non riposare. Dinanzi al lei, per lei, tutto il resto scivolava in secondo piano. Il biondo dei suoi capelli, rendevano grigio tutto ciò che li circondava. Fece un patto con il Genoa quando era in odor di convocazione della Nazionale B. Disse: “Gioco, vi faccio rimanere in Serie B, ma prima della fine del match, fasciatemi la gamba così non vado in ritiro.” Come andò a finire?Due goal di Meroni, Genoa ancora in B ed un finto gesso applicato alla gamba “solo” per stare un paio di giorni con Cristiana che era scesa.
Sfidò, anzi, ignorò il sistema prevenuto e chiacchierone che, soprattutto quando viveva a Torino, mal digeriva il rapporto tra un calciatore, così in vista, ed un ragazza, separata, che aveva avuto alle spalle una precedente relazione. Ma lui andava oltre.

Derby: quello della Mole Antonelliana, quello più amaro perché lui oramai non c'era più. Lo si giocò appena dopo una settimana dal tragico incidente in una atmosfera surreale: entrambe le tifoserie in silenzio mentre assistevano alla caduta di alcuni fiori, lanciati da un elicottero, che vennero poi posati lungo tutta la fascia destra, la sua “zona di competenza”. Dopo il match con la Sampdoria, nella quale Nestor Combin segnò una tripletta, Meroni (così riferisce Combin stesso) disse all'attaccante che anche contro la Juventus avrebbe segnato tre goal. Combin, volle giocare a tutti i costi quella partita, nonostante un attacco febbrile ed effettivamente andò in rete per tre volte nel 4-0 finale con il quale i granata sconfissero la Vecchia Signora. Ironia (c'è sempre lei di mezzo), fu la prima stracittadina vinta dopo sette partite, la prima senza Gigi che mai riuscì ad esultare contro i cugini rivali.

Esterno destro: alla domanda “preferisci entrare in porta con il pallone o magari fare il regista a centrocampo?” Gigi rispose che per lui era importante fare goal, senza dribblare tutti.
Mentiva: era un'ala destra estrosa capace di dribbling ubriacanti e di invenzioni geniali, veloce, guizzante, una “farfalla” come venne definito in sporadiche occasioni. Ma era un genio imprevedibile che seguiva il suo istinto e come tale non poteva essere imprigionato in uno schema specifico. A lui, infatti, era permesso anche accentrarsi in mezzo al campo per dar pieno sfogo alla suo essere estroso.

Gallina: “Se gli altri vanno in giro con i cani, perché io non posso andare a spasso con una gallina?” Nulla da obiettare. Guinzaglio al collo, portava in giro la sua fida amica, gelosa di Cristiana al punto da beccarla, ma si dimostrava calma e pacata con Gigi. E se ne andava in giro a Torino, mica un paesino di pecore sperduto delle Alpi...

Folle: dopo quanto detto c'è da aggiungere altro?

Inter: o meglio la “Grande Inter” di Helenio Herrera, quella che nel 1967 dopo tre anni di imbattibilità in casa, capitolò a San Siro proprio a causa di un goal di Meroni. Fu una partita frizzante per l'ala destra del Torino, che si muoveva leggero e che si difendeva coi denti contro Facchetti, ma a sgusciare era sempre lui. Imprevedibile come quando, appena dentro l'area, segnò un goal con un tocco morbido a giro che si insaccò sul lato sinistro della porta. La fotografia che rappresenta, forse, il punto più alto della carriera di un ragazzo che doveva ancora sbocciare. Una partita giocata con l'animo sereno di chi la notte precedente non dormì, ma aspettò sotto la pioggia la sua dolce amata per riappacificarsi dopo un litigio.

Insurrezione popolare: dopo il goal a San Siro, gli occhi di tutti vanno su quel ragazzino con la maglia granata ed il numero 7. Due occhi, però, sono i più temuti: quelli di Gianni Agnelli, presidente della Juventus. Allora era difficile dire di no al presidente bianconero e lui voleva Meroni a tal punto da offrire al presidente del Toro, Orfeo Pianelli, una cifra superiore ai 700 milioni di lire. Appena questa voce circolò tra le vie della città piemontese, una folla di tifosi granata protestò contro questa possibile cessione che di fatto, ufficialmente (ma c'è da credere il contrario) non fu mai presa minimamente in considerazione.

Morte: come definirla?Tragica fatalità?Evento nefasto?
La sera del 15 ottobre 1967, dopo aver giocato e battuto la Sampdoria per 4-2, Meroni e Poletti uscirono assieme per incontrare le rispettive fidanzate e mentre attraversarono corso Re Umberto, a pochi passi dalla casa di Gigi e vicino allo stadio Comunale, una macchina sfiorò Poletti, colpendo alla gamba sinistra Meroni che venne scaraventato al centro della strada e colpito a morte da una macchina che proveniva in senso opposto.
Una tragica morte accentuata dal sapore di beffa e di ironia. Ci si domanda se c'è qualcuno (lassù, laggiù, a destra o a sinistra..fate un po' voi) che si diverte a giocare intrecciando destini. Alla guida dalla prima auto, quella che lo colpì alla gamba, c'era Attilio Romero, studente e tifoso granata che sul cruscotto aveva la foto del suo idolo del cuore, Gigi Meroni appunto e che prese parte nei “moti” derivati dalla possibile cessione del numero 7 alla Juve. Trentatre anni dopo, lo stesso Romero diventerà presidente del Torino.
Aldo Agroppi, non può dimenticare quel 15 ottobre 1967: “Gioia per l’esordio in A e dolore alla notizia dell’incidente. Dopo le partite Fabbri ci voleva in ritiro per evitare che andassimo in discoteca. Quel pomeriggio vincemmo e insistemmo tanto che il mister ci lasciò liberi. Avessimo perso, Gigi non sarebbe stato investito”. Quella maledetta vittoria...

Aveva 24 anni e lui che amava la pittura, stava dipingendo un quadro, un ritratto della sua Cristiana. Ci provava e riprovava, ma non riusciva a dipingere gli occhi: voleva rendere perfetto lo sguardo di una ragazza innamorata. E' rimasto un quadro incompiuto, come la vita di un ragazzo che (trovando positiva risposta alla domanda di apertura)  verrà sempre ricordato.




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25 Maggio 1953: buon compleanno Gaetano Scirea

venerdì 25 maggio 2012 0 commenti

di Giovanni Sgobba
MILANO- Il 25 maggio del 1953, a Cermuso un paesino nella periferia di Milano, nasceva chi sarebbe poi diventato al pari di Baresi e di Beckenbauer uno dei migliori calciatori nell'interpretare il ruolo di libero.
Cresciuto nelle giovanili dell'Atalanta, è nella Juventus che si afferma come leader in difesa collezionando ben 377 presenze e realizzando 24 goal. Beniamino non solo a Torino, Scirea ha avuto anche il privilegio di conquistare il campionato del Mondo in Spagna nel 1982 con la Nazionale Italiana.
Si spense tragicamente il 3 settembre del 1989, in Polonia, a causa di un incidente stradale causato dallo scontro della vettura su cui viaggiava ed un tir che trasportava taniche di benzina. Pur non essendo stato mortale l'impatto, Scirea, che era in Polonia in qualità di osservatore della prossima avversaria della Juventus in Coppa, non riuscì ad uscire dall'abitacolo e rimase intrappolato nelle fiamme.
Rimarrà per tutti il ricordo dello sgomento quando il giornalista Sandro Ciotti interruppe i programmi di calcio domenicali, per annunciare il nefasto evento.
Di recente la strada che porta allo "Juventus Stadium" è stata intitolata "Corso Gaetano Scirea"
Oggi, 25 maggio, avrebbe compiuto 59 anni: un ricordo ed un augurio a quel giocatore, dall'inconfondibile eleganza, che portava la maglia numero 6. Buon compleanno Gaetano!

Qui un video celebrativo su Gaetano Scirea

Di seguito il testo della canzone che gli Stadio hanno scritto per Scirea e Facchetti:

"Non ci saranno più le mezze stagioni
neanche le intere sono un granché
ho un buco nelle tasche dei pantaloni
forse avrò perso qualcosa di me
al bar tante chiacchiere e malinconie
mentre qualcuno urla... "quattro caffè!"
ma guai a sgualcirmi bandiere e passioni
meglio parlare di donne e tv

Gaetano e Giacinto sono due tipi che parlano piano
anche adesso, adesso che sono lontano
ma in questo frastuono è rimasta un'idea
un eco nel vento, Facchetti e Scirea

La palla accarezza i fili d'erba
come un pianeta ben educato
buca la nebbia di un paese lombardo
provincia di un mondo dimenticato
c'è chi attraversa la vita come una cometa
e ci fa illudere che ci sia una meta
ma forse sono io che oggi sono strano
avrei bisogno di qualcuno che mi prendesse per la mano

Gaetano e Giacinto sono due tipi che parlano piano
anche adesso, adesso che sono lontano
ma in questo frastuono è rimasta un'idea
un eco nel vento, Facchetti e Scirea

Gaetano e Giacinto sono due tipi che parlano niente
con un solo passaggio
uniscono milioni di...gente
ma in questo frastuono è rimasta un'idea
un eco nel vento, Facchetti e Scirea"




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